Vi ricordate quando è stata l’ultima volta in cui il vostro medico vi ha “sentito il polso per controllare il battito cardiaco? Secondo un articolo, apparso sulla rivista Lancet, questo semplice gesto, seguito da un elettrocardiogramma, può risultare determinante per prevenire un ictus, perché identifica uno dei maggiori fattori di rischio per incidenti cerebro-vascolari: la fibrillazione atriale.
Il 20% degli ictus è legato a questa aritmia.
Quando il cuore batte in maniera irregolare non riesce a pompare bene il sangue che ristagna nell’atrio provocando la formazione di trombi.
Da questi possono staccarsi emboli che vanno al cervello dove possono occludere le arterie e provocare, nei casi più gravi, un ictus.
La fibrillazione atriale è più frequente negli anziani, ma negli ultimi venti anni è aumentato il numero di casi nei giovani.
Ciò è attribuibile a fattori di rischio come il diabete, l’ipertensione, l’obesità, il consumo di alcool e lo stress.
Un obiettivo della terapia, in questi pazienti, è quello di prevenire l’ictus, impedendo la formazione di trombi, con farmaci che modificano la coagulazione del sangue.
Finora si è utilizzato il Warfarin, ma ora sono disponibili nuovi anticoagulanti (NOAC) più maneggevoli del Warfarin, ma altrettanto efficaci.
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18 Aprile 2017